Arciconfraternita Santissima Trinità - Sulmona
Santa CATERINA da Siena

Santa CATERINA da Siena

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Vergine, dottore della Chiesa Patrona d’Italia 1347 – 1380

Ventiquattresima figlia di Jacopo Benincasa e di Lapa de’Piagenti. All’età di sei anni ha la sua prima emblematica visione del Cristo in abiti pontificali, l’anno dopo nel suo cuore emette già il voto di verginità.
Dopo aver superato molti ostacoli frapposti dalla famiglia alla sua vocazione, a 16 anni indossa l’abito Domenicano.
Fino ai vent’anni vive una vita molto ritirata caratterizzata dalla continua preghiera e da una intensa penitenza.
Gesù la favorisce di molte visioni e di ammaestramenti, ponendo le basi della sua ascesa spirituale, che si concentra nella conoscenza di sé, “colei che non è”, per umiliarsi, e di Dio, “colui che è”, per crescere nel suo amore. Il demonio invece la tormenta con numerose tentazioni.
Caterina inizia così a soccorrere i poveri, ad assistere gli ammalati, soprattutto i più abbandonati, a consolare gli afflitti, a liberare gli ossessi, a rappacificare i contendenti, a convertire dei condannati a morte. Numerose le grazie di carattere materiale e spirituale dovute alla sua caritatevole intercessione.
Fu guidata dal domenicano Tommaso della Fonte e si diede a lavorare tenacemente per raggiungere la perfezione spirituale. Insensibile alle iniziali calunnie e maldicenze dei concittadini (che in seguito dovettero ricredersi già quando Caterina era ancora in vita), unì alla sua indole contemplativa un apostolato di opere caritatevoli e assistenziali nell’ospedale di Santa Maria della Scala e nel lebbrosario di San Lazzaro. Un giorno, per punirsi del ribrezzo che le piaghe di un malato le suscitavano, bevve l’acqua che le era servita per lavare la ferita, dichiarando che “non aveva gustato mai cibo o bevanda tanto dolce e squisita”. Ciò fatto, la ripugnanza passò.
Si riunisce a poco a poco intorno a lei un gruppo sempre più vasto di persone di ogni età, ceto e condizione, i suoi “figli” spirituali, che saranno poi detti “caterinati”. Inizia anche ad inviare le famose lettere, con cui si rivolgerà a re, papi, principi, capi di governo, frati, suore, ma anche a laici di ogni ceto e condizione.

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Nel 1374 , in Toscana riceve le stigmate, sigillo nella carne del suo appassionato amore per Gesù Crocifisso. Ad Avignone Caterina si adopera per pacificare il Pontefice con i Fiorentini, fallito quest’intento, riesce a convincere Gregorio XI a riportare a Roma la sede del Papato, cosa che si realizza nel gennaio del 1377 dopo 70 anni di cattività, e lo esorta a dare inizio alla necessaria riforma dei costumi nella Chiesa. Soprattutto sotto la sua ispirazione il B. Raimondo suo confessore ed altri domenicani attueranno tale riforma anche nell’Ordine Domenicano.
Dopo un periodo di intensa attività spirituale nella Val d’Orcia, durante il quale riceve la straordinaria illuminazione sulla verità, che costituirà la materia del Dialogo, Caterina è inviata da Urbano VI a trattare la pace con i Fiorentini, conclusa la quale, si dedica alla dettatura del Dialogo, risposta di Dio alla richiesta di misericordia, in cui il Padre esplica il piano d’amore della Trinità verso l’uomo peccatore, piano che si è manifestato in Cristo crocifisso, il ponte che ha ricongiunto il cielo e la terra, Via che ognuno deve percorrere ascensionalmente imitandolo nel suo amore per le anime, sostenuto dal suo Sangue, amministrato dalla santa Chiesa nei Sacramenti.
Scoppiato lo scisma d’occidente il 20 settembre di quello stesso anno, il 1378, Caterina si adopera in ogni modo, con la preghiera, l’offerta sacrificale di sé, la parola, le lettere, per sanarlo e riportare la Chiesa all’unità. Buona parte delle 381 lettere dell’Epistolario ne danno testimonianza.
Per rendere più incisiva la sua opera a favore della Chiesa Urbano VI la chiama a Roma, dove Caterina trascorrerà gli ultimi due anni della sua vita. Per invito del Pontefice parla in Concistoro ai nuovi Cardinali, per esortarli alla fedeltà al vero Papa.
Per volontà divina dai primi di febbraio a metà marzo ella si reca ogni giorno a pregare a S. Pietro dalle nove del mattino fino al Vespro, nonostante le sue condizioni fisiche siano definite dalla Santa quelle di “una morta”, qui un giorno ha la visione della Chiesa che viene appoggiata sulle sue spalle sotto figura di una navicella. Resa incapace di muoversi, trascorre gli ultimi quaranta giorni della sua vita sul suo lettuccio tra atroci sofferenze, offrendo la propria vita per la Chiesa, come lei stessa testimonierà sul letto di morte: “Tenete per certo, figlioli, che io ho offerto la mia vita per la santa Chiesa”. Spira dolcemente il 29 aprile 1380 pronunciando le parole: “Padre nelle tue mani affido il mio spirito”. Il suo corpo viene sepolto nella basilica domenicana di S. Maria sopra Minerva, dove giace tuttora sotto l’altare maggiore. Viene canonizzata da Pio II nel 1460.

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La Chiesa, tanto amata, nella persona dei pontefici, costantemente la invoca e la onora, affidandole i suoi tesori: Pio IX la nomina compatrona di Roma con i santi Pietro e Paolo, Pio X la elegge a patrona delle donne di Azione Cattolica, Pio XII la sceglie quale compatrona d’Italia con S. Francesco d’Assisi e la dona alle donne di Azione Cattolica quale loro patrona, Paolo VI la conferisce il titolo di Dottore della Chiesa ed infine Giovanni Paolo II la nomina compatrona d’Europa con S. Brigida di Svezia e S. Benedetta della Croce, additandola come esempio per le nuove generazioni del terzo millennio.
Nel giorno d’apertura della seconda Assemblea Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, Giovanni Paolo II con la Lettera Apostolica Motu Proprio “Spes Aedificandi” in data 1 ottobre 2001, ha dichiarato Caterina Santa Patrona d’Europa insieme a Santa Brigida di Svezia, che poco prima di Caterina aveva cercato di porre rimedio alla terribile situazione della Chiesa e Edith Stein, l’ebrea convertita e fattasi monaca carmelitana, che venne uccisa in un campo di concentramento perché ebrea. Giovanni Paolo II ha così voluto sottolineare come queste tre donne debbano essere di esempio per le nuove generazioni del terzo millennio. Le ragioni di quest’iniziativa sono espresse al n. 3 del documento: Santa Brigida ha collegato i confini d’Europa; Caterina ha riportato il papa alla sua sede naturale, Roma; Edith per aver collegato la sue radici ebraiche a quella della sequela Christi.

Dal 5 agosto 1855 il corpo della santa riposa nel sarcofago marmoreo sotto l’altare maggiore della basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Moltissime sono le sue reliquie corporali sparse nelle chiese di tutto il mondo. A Roma è esposta la mano sinistra nel monastero del Rosario a Monte Mario, una scapola nella chiesa dei Santi Domenico e Sisto. Altre reliquie corporali sono ancora nella chiesa di Santa Caterina in via Giulia, in Santa Cecilia, a Santa Croce in Gerusalemme, nella chiesa dei SS. Salvatore e Giovanni Battista ed Evangelista. La testa di Caterina fu portata a Siena nel 1384 ed è esposta in una cappella affrescata dal Sodoma sul lato destro della basilica di San Domenico.

L’esperienza mistica di Santa Caterina si traduce in moti indimenticabili nelle sue Lettere (381, dettate ai suoi discepoli). In esse rivive in tutta la sua immensa forza, l’ardore della sua passione religiosa e insieme la sua azione di predicazione, espresse con un’eccelsa efficacia. Certo, nella sua prosa corposa e violenta, tenuta sempre su un registro altissimo fino a diventare puro grido d’amore per Cristo, sono rare le pause di serena contemplazione poetica, in cui la veemenza del suo linguaggio si riscatta dal peso delle intenzioni pratiche che la determinano. Sono i momenti di suprema ebbrezza, in cui la tensione dell’anima donata al Cristo si esprime in quelle immagini roventi di fiamma e di sangue in cui pare tradursi nel modo più caratteristico il ritmo della sua esperienza mistica, tutta permeata di una sete di sacrificio e tutta rivolta a rivivere continuamente in sé stessa la Passione del Cristo.
Papa Giovanni Paolo II, nel febbraio del 1995, durante la recita dell’Angelus, definì Caterina “messaggera di pace”. L’esordio in questo ruolo la Santa senese lo ebbe nella sua città, che come molte città dell’Italia del XIV secolo, viveva una situazione sociale alquanto difficile e travagliata; vi erano cruenti lotte fra fazioni rivali, facenti spesso capo a potenti famiglie che si contendevano il predominio sul governo della città. La sua fama di “donna di pace” presto si estese anche fuori le mura di Siena, a Volterra per esempio, dove per il bene della città riuscì a sedare gli odî fra due famiglie, una guelfa e una ghibellina.
Sempre Giovanni Paolo II ha definito Caterina “la mistica della politica”. Infatti nelle lettere ai politici suoi contemporanei ricorda che il potere di governare la città è un “potere prestato” da Dio. La politica, per la Santa senese, è la buona amministrazione della cosa pubblica finalizzata ad ottenere il bene comune, non certo l’interesse personale. Per far questo il buon amministratore deve ispirarsi direttamente a Gesù Cristo che rappresenta l’esempio più alto di giustizia. La giustizia infatti nella dottrina politica di Santa Caterina assume un ruolo fondamentale; senza giustizia non c’è pace e se manca la pace viene meno il presupposto che sta alla base della crescita sociale e morale di uno stato. A Pietro del Monte, Podestà di Siena scrive: “Siate vero giudice e signore nello stato che Dio v’ha posto e direttamente rendiate il debito al povero ed al ricco, secondo che richiede la santa giustizia, la quale sia sempre condita con misericordia”. E ancora ai Consoli e Gonfalonieri di Bologna scrive: “Se voi sarete uomini giusti che il reggimento vostro sia fatto… non passionati né per amor proprio e bene particolare, ma con bene universale fondato sulla pietra viva Cristo dolce Gesù”.

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