Il saio indossato dai Trinitari è di colore rosso, con pettorina plissata bianca, detta anche soggòlo, e cingolo rosso.
Confratelli e sacristani d’onore indossano, con il camice, anche un medaglione argentato, in gergo “placca”, con le insegne dell’Arciconfraternita.
Dimensione e disegni incisi sul medaglione variano per i componenti del Consiglio Direttivo, in particolare per il Rettore, massima carica dell’Associazione.
La veste dei Trinitari è mutuata da quella dell’Arciconfraternita della SS.Trinità di Roma al quale l’Arcisodalizio sulmonese ha fatto atto di aggregazione, nel 1557, quando quell’Arcisodalizio, come del resto quello sulmonese, aveva ancora il nome di Confraternita dei Pellegrini e Convalescenti, per le proprie finalità di assistenza e soccorso ai pellegrini ed ai malati.
L’Arciconfraternita romana venne fondata da S.Filippo Neri, che scelse il saio rosso.
Il colore rosso del camice è simbolo dell’ardore della carità.
Il soggòlo o pettorina bianca è segno della purezza della fede. Il cingolo stretto intorno alla vita ha il significato di rinuncia e freno della volontà. Il saio rosso, nella sua forma, inoltre è simile a quello dei Francescani.
Le consorelle indossano invece uno scapolare formato da un medaglione che come quello dei confratelli e sacristani d’onore riproduce il simbolo della SS.Trinità, su fondo rosso.
La divisa dei Trinitari ed i loro simboli sono fissati nell’articolo 3 dello Statuto.
Durante la processione del Cristo Morto i Trinitari, compresi i cantori del Miserere, si muovono a passo cadenzato dallo “struscio”.
Lo struscio – che dà una tipica e suggestiva cadenza a tutta la processione – è gesto penitenziale che trarrebbe origine, secondo la tesi più accreditata, da un antico gesto di contrizione e di implorazione di misericordia che secondo l’antica tradizione devozionale popolare si compiva entrando in una chiesa o in un santuario strusciando a terra ritti sulle ginocchia.
Residuo di quell’atto penitenziale sarebbe proprio lo struscio dei Trinitari.
Ma lo struscio, che possiede anche una sua necessità “tecnica” per quanti portano a spalla le statue, vorrebbe essere anche segno del peso del peccato che l’uomo porta su di sé, scontandolo nella vita con un cammino reso spesso disagiato e tormentato dalla colpa e da un incedere che con fatica riesce a progredire verso la meta finale della salvezza e quindi verso Dio.
Medaglioni (o placche) in uso
Placca per Amministratori | |
Placca per Sacristani d’Onore | |
Scapolare per Consorelle |