Il primo elemento artistico di rilievo che si offre alla vista entrando nella chiesa della SS. Trinità è la cantoria, posta nella controfacciata, al di sopra della controporta in legno dipinto e dorato completata nel 1931 da Saverio Giri e suo nipote Gaetano. Nel 1966 un moderno organo elettrico ha sostituito l’antico, costruito dal Maestro Organaro Adriano Fedri di Atri nel 1761; in quello stesso anno furono eseguiti dall’ebanista pescolano Ferdinando Mosca (1685-1773) la balaustrata lignea a profilo mistilineo e i due confessionali in noce, per i quali ricevette il compenso complessivo di 60 ducati e 24 grana. L’intagliatore sarebbe autore anche dei due armadi angolari, un tempo posti sui fianchi della navata in corrispondenza dell’arco trionfale ed alienati durante i lavori conclusi nel 1964, per i quali avrebbe ricevuto nel 1729 la somma di 34 ducati e 60 grana; altri studiosi li assegnano invece a Leonardo Marchionda di Pacentro, che li avrebbe lavorati nel 1730 per 32 ducati.
La decorazione della cantoria, costituita da sei pannelli dipinti, è attribuita al pittore Crescenzo Pizzala, nato a Sulmona nel 1716, ma di origine lombarda, formatosi alla scuola pittorica napoletana. L’artista, denominato da alcuni Pietro Pizzola, forse perché confuso con Pietro Pizzolla o Piazzoli, che sembra essere stato invece l’autore degli stucchi, negli anni 1774-1777 attese alla decorazione pittorica dell’intera chiesa. Il breve ciclo che si dispiega sulla cantoria, da sinistra verso destra, lega Vecchio e Nuovo Testamento, mostrando da un lato Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre e la loro successiva Cacciata, dall’altro il Battesimo di Cristo e la sua Resurrezione. Tra le due scene di ciascun gruppo, come contrappunto ai temi biblici, sono poste le personificazioni della Giustizia, identificata dalla bilancia e dal fascio di verghe, e della Carità, rappresentata come nutrice, che incarnano rispettivamente il principio ispiratore del Vecchio e del Nuovo Testamento.
A destra dell’ingresso, al di sopra di un’acquasantiera, è stato collocato un bassorilievo in pietra, recentemente rimosso per motivi conservativi dalla parete esterna del presbiterio, dove era murato a lato di una finestra. La lunetta racchiude il busto dell’Eterno Padre benedicente, con il globo nella mano sinistra, posto tra due angeli adoranti: considerazioni di carattere stilistico inducono a datare l’opera entro la prima metà del secolo XVI.
Nel settembre 1915 le pitture della volta furono sostituite da quelle dell’aquilano Carlo Patrignani, allievo di Teofilo Patini, per la somma di £. 1.500, successivamente rimpiazzate dall’attuale soffitto a cassettoni. Della decorazione pittorica originaria della chiesa restano oggi i due medaglioni entro cornici in stucco dorato, attribuiti a Pizzala, posti lungo l’unica navata. I dipinti, eseguiti con tecnica mista su intonaco murario, rappresentano Dottori della Chiesa in gloria: quello di destra, con libro e stilo, dichiara la sua qualità di vescovo per la presenza della mitra ed è affiancato da un modello di chiesa; quello di sinistra, che indossa la tiara papale e scrive ispirato dalla Colomba dello Spirito Santo, dovrebbe potersi identificare con S. Gregorio Magno, oggetto di particolare venerazione da parte dell’Arciconfraternita della SS. Trinità, che lo festeggiava il 12 marzo. Altri due medaglioni attribuiti a Pizzala, aventi per soggetto l’Approvazione della Regola di S. Filippo Neri, erano posti in corrispondenza delle attuali arcate laterali, aperte nell’estate 1973.
In quell’occasione furono rimossi e applicati su pannelli lignei, per essere poi collocati in una sala del Vescovado di Sulmona, dove sono tuttora esposti. Nel braccio sinistro del transetto è collocato un monumentale armadio ligneo da sagrestia, per la cui paternità sono stati proposti i nomi di Ferdinando Mosca e di Leonardo Marchionda di Pacentro; nella parte superiore, partita da lesene scanalate con capitelli compositi, si aprono tre nicchie contenenti sculture sacre.
In quella centrale, ad arco, è posta la statua lignea del Cristo Risorto, che veniva portata in processione la sera del Sabato Santo fino alla Fontana del Vecchio, acquistata a Napoli nel 1729 per 66 ducati e 50 grana, compreso il trasporto. L’opera è riferita allo scultore napoletano Gennaro Franzese, noto per aver firmato nel 1749 i rilievi lignei del pluteo nel convento benedettino di Montecassino. Le nicchie laterali, architravate, ospitano le statue di S. Lorenzo a sinistra e di S. Isidoro Agricoltore a destra: mentre la prima è opera recente di J..B. Purger di Ortisei (Bolzano), acquistata nel 1952 in sostituzione della vecchia a manichino, la seconda è una scultura settecentesca, entrata a far parte delle suppellettili della chiesa nel 1873, quando i deputati della festa di S. Isidoro la trasferirono dalla chiesa di S. Filippo in quella della SS. Trinità facendone dono all’Arciconfraternita, ed è firmata e datata: “Giacomo Colombo F. A.D. 1715”. L’autore (Este 1663-Napoli 1730), di origine veneta, ma di formazione napoletana, ha lasciato altre opere in Abruzzo e nella stessa Sulmona, come la S. Teresa della Cattedrale.
Nel transetto destro della chiesa, o cappellina del SS. Sacramento, è stato ricomposto nel 1973 l’originario altare maggiore, consacrato il 14 settembre 1858 e dedicato alla SS. Trinità, seppure privo di alcuni elementi, tra cui la parte centrale del paliotto, con l’emblema della SS. Trinità, ora collocata nell’angolo sinistro del presbiterio con funzione di mensola. Lavorato in pietra, successivamente dipinta, l’altare è oggi sormontato dal gruppo scultoreo settecentesco in legno e cartapesta della SS. Trinità, mentre nel vano inferiore accoglie la teca contenente la statua lignea del Cristo Morto, acquistata nel 1750, opera di pregevole fattura e di intensa espressività, che viene portata in processione la sera del Venerdì Santo su una bara coperta da un nero drappo ricamato e ornata ai quattro angoli da angeli d’argento recanti i simboli della Passione.
Al centro della parete presbiteriale è il Cristo Crocifisso, scultura lignea di ambito abruzzese, tradizionalmente assegnata al XVI secolo e fissata su croce moderna. Fu acquistata il 20 novembre 1898 e donata dalla consorella Angiolina Tabassi Mazara. Ai due lati i dipinti ad olio su tela raffiguranti S. Giacomo Apostolo a sinistra e S. Lorenzo a destra che, pur vantando anch’essi la consueta attribuzione a Crescenzo Pizzala, sembrerebbero denunciare una diversa mano nel confronto con i medaglioni della navata.
Queste tele, come altre opere d’arte presenti nella chiesa, richiedevano un più urgente intervento a fini conservativi, anche in considerazione della loro valenza storico-artistica, e sono state pertanto oggetto di un’attenta opera di restauro.
(di Marina CARUGNO)